San Martino, si riparla del parco «Patrimonio da aprire alla città»- L'incontro
«Il fatto che siano passati più di 20 anni dalla chiusura del San Martino e che non si sia fatto nulla è un qualcosa su cui dobbiamo interrogarci». A parlare è Gianfranco Giudice, docente di filosofia ma prima di tutto ricercatore, che anni fa si è tuffato negli archivi del vec-chio istituto psichiatrico cittadino per raccontarne la storia.
Ieri al centro civico di Cam- nago Volta, Legambiente Como e Auser "Oltre lo sguardo" hanno dedicato il pomeriggio a questo «manicomio di confine», chiuso agli inizi del 1999, quando ospitava ancora 400 persone, nonostante la legge Basaglia fosse entrata in vigore nel 1978. All'epoca il futuro de- gli edifici e del parco era incerto, e così è rimasto.
Mentre in altre città si è riuscito a immaginare un futuro per queste strutture, qui «ci sono solo proposte - prosegue Giudice, che vanno nel dimenticatoio. Como deve registrare questo drammatico fallimento». Tra i progetti di recupero che si sono susseguiti, ce n'è uno in particolare, risalente agli anni '80, che ipotizzava la creazione di un polo universitario nell'area del San Martino.
Ieri a presentarlo c'era uno dei suoi autori, l'ingegnere Clemente Tajana, che condivise la paternità dell'idea con Antonio e Amedeo Petrilli. «Fummo incaricati dall'Amministra- zione Provinciale - racconta Tajana -. La nostra idea era che la salute mentale doveva andare in città, non segregata. Pensavamo a una serie di residenze protette, vicino a san Giuseppe, integrate nel quartiere, dove i residenti potevano essere autonomi e assistiti». E il polo universitario? «Si sarebbe spostato nei padiglioni che ora vedia- mo abbandonati».
Il tempo e le scelte politiche hanno fatto sì che si facesse «l'esatto contrario, mettendo al secondo posto il polo universitario, che ora è senza verde e senza parcheggi, con una notevole costipazione cementizia» ha spiegato l'ingegnere. Un peccato, perché alle aule dei padiglioni potevano benissimo essere aule universitarie»,
Mentre i bozzetti e i rendering scorrevano sulla parete, Tajana ha spiegato che anche il parco del san Martino avrebbe giovato del progetto: «Con don Aldo Fortunato si pensava di assegnare parte del verde alla
L'incontro di ieri pomeriggio a Camnago Volta, comunità Arca, che l'avrebbe curata e tenuta aperta».
Così non è stato e forse non sarà mai. Il progetto di Tajana e colleghi rimarrà per sempre «un'utopia», riferisce l'ingegnere: «Il politecnico ormai se n'è andato via>>.
Alle parole, il fotografo comasco Gin Angri ha preferito una raccolta di scatti per raccontare un San Martino dove la bellezza degli alberi autoctoni racchiude una struttura che invece è ormai degradata e incarcerata nello stigma che ancora porta con sé.
Sedie arrugginite, i resti di un teatro, cucine a pezzi, vetri rotti e graffiti. E rami, tanti rami, che entrano dalle finestre e si arrampicano sulle grate, quasi a reclamare quei luoghi. Difficile immaginare su due piedi un futuro per tutto questo.
Un'ipotesi, per quanto timida, si fa avanti: si può puntare sulle residenze protette. Secondo Tajana «Villa Teresa è già una corte, può essere recupera- ta». Ma per i tre relatori una certezza c'è: il parco è di tutti e va aperto, perché è «una meraviglia preziosa, dove alberi e prati fanno dimenticare che si è in città».
Martina Radicchio
Commenti